Recettori muscarinici nella patologia psichiatrica e neurodegenerativa
ROBERTO COLONNA
NOTE
E NOTIZIE - Anno XV – 17 marzo 2018.
Testi pubblicati sul sito
www.brainmindlife.org della Società Nazionale di Neuroscienze “Brain, Mind
& Life - Italia” (BM&L-Italia). Oltre a notizie o commenti relativi a
fatti ed eventi rilevanti per la Società, la sezione “note e notizie” presenta
settimanalmente lavori neuroscientifici selezionati fra quelli pubblicati o in
corso di pubblicazione sulle maggiori riviste e il cui argomento è oggetto di
studio dei soci componenti lo staff
dei recensori della Commissione
Scientifica della Società.
[Tipologia del testo:
RESOCONTO/DISCUSSIONE]
In un recente incontro della Società
Nazionale di Neuroscienze si è discusso dell’importanza dello studio dei recettori muscarinici dell’acetilcolina
(mACh) per la comprensione di alcuni importanti
aspetti di meccanismi e processi della patologia psichiatrica e
neurodegenerativa, anche al fine di sviluppare nuovi approcci terapeutici o
concepire integrazioni a trattamenti già impiegati.
Gli studi pionieristici di
Langley e Dale dimostrarono che alcuni degli effetti della somministrazione
periferica di ACh potevano essere riprodotti dalla muscarina, un alcaloide
estratto da Amanita muscaria, il più
famoso dei funghi velenosi, per la riconoscibilità conferitagli dal suo
cappello rosso coperto di verruche biancastre e le sue proprietà allucinogene.
Si parlò, allora, di risposte
colinergiche muscariniche e le si distinse da quelle nicotiniche per una
prima importante caratteristica: a differenza delle risposte nicotiniche,
invariabilmente eccitatorie, quelle muscariniche possono essere sia eccitatorie
che inibitorie. Furono poi caratterizzate altre due rilevanti differenze: le
muscariniche possono essere bloccate dall’inclusione di concentrazioni
sub-micromolari di due noti alcaloidi, la scopolamina e l’atropina, e
presentano latenze di sviluppo ed estinzione (~100-250 ms) di gran lunga
maggiori. Tali differenze suggerirono l’esistenza di due separate classi
recettoriali all’origine della mediazione delle azioni fisiologiche
dell’acetilcolina. I recettori mACh sono ampiamente
diffusi nei neuroni e nella glia della maggior parte delle regioni del sistema
nervoso centrale e periferico, così come nelle cellule muscolari raggiunte
dall’innervazione parasimpatica del cuore e nelle fibrocellule muscolari lisce
dell’iride, dei bronchioli, dello stomaco, dell’intestino e della vescica, e
poi in rapporto all’innervazione di ghiandole lacrimali, salivari e sudoripare.
Oggi è noto che le risposte
colinergiche muscariniche sono mediate da recettori accoppiati a proteine G, e
che tali recettori possono essere classificati in cinque sotto-tipi, come ha
rivelato la clonazione molecolare. Tali sub-tipi si accoppiano a distinte
proteine G e attivano differenti meccanismi effettori. I sotto-tipi
recettoriali muscarinici sono presenti in differenti localizzazioni
subcellulari e non sono distribuiti uniformemente nel sistema nervoso centrale.
I recettori mACh mediano al livello molecolare processi di regolazione
di un gran numero di funzioni essenziali del sistema nervoso centrale che
attengono all’elaborazione sensoriale, motoria, comportamentale e cognitiva,
incluse le risposte del sistema a ricompensa. Infatti, è noto da tempo che sia
la somministrazione di antagonisti muscarinici sia la lesione delle proiezioni
colinergiche nel proencefalo basale conduce ad alterazioni cognitive. Queste
osservazioni hanno suggerito la valutazione del ruolo dei recettori mACh nei disturbi psichici e nelle patologie neurologiche
che interessano processi cognitivi, come le maggiori malattie
neurodegenerative.
Il sottotipo recettoriale M5 è
stato implicato nella dipendenza da
sostanze psicotrope d’abuso, prendendo le mosse dall’osservazione di una
sua particolare concentrazione nell’area
tegmentale ventrale (VTA), ossia una parte di fondamentale importanza del
sistema a ricompensa. Esperimenti condotti già nel 2001 da Forster e colleghi
avevano dimostrato che la somministrazione diretta nella VTA di antagonisti dei
recettori mACh riduce il rilascio di dopamina nel nucleo accumbens, ossia l’aggregato
neuronico che media l’uscita dell’informazione del sistema a ricompensa. Negli
anni seguenti questo profilo funzionale è stato confermato e meglio definito.
La scorsa settimana abbiamo
pubblicato la recensione di uno studio condotto da Berizzi
e colleghi (Note e Notizie 10-03-18 M5 è
un nuovo target per la dipendenza da alcool) nel quale si dimostra, per la
prima volta nel ratto, che ML375, cioè un modulatore allosterico negativo
selettivo e attivo centralmente di M5, riduce l’auto-somministrazione di
etanolo nei ratti dipendenti ed attenua le ricadute dopo l’astinenza.
Lo studio dei recettori
muscarinici dell’acetilcolina nel cervello delle persone affette da psicosi ha
fornito altri interessanti elementi.
Nella schizofrenia, accanto alle manifestazioni acute più evidenti, quali
delirio e allucinazioni, si sviluppa una sindrome cognitiva di gravità
variabile, che è stata riportata a difetti funzionali di aree proencefaliche e
delle strutture in rete con la corteccia frontale. È stata studiata
particolarmente la densità dei sotto-tipi recettoriali mACh
M1 ed M4 nel cervello post-mortem di pazienti schizofrenici. Al confronto con il
cervello di persone non affette fungenti da controllo, la densità dei recettori
nell’encefalo degli schizofrenici è risultata notevolmente più bassa nella corteccia prefrontale, nell’ippocampo e nello striato. L’identificazione dei recettori muscarinici mediante
tecniche avanzate di neuroimmagine nel cervello di persone affette da psicosi
schizofrenica, non sottoposte a trattamento al momento dello studio, ha
consentito di rilevare una densità decisamente ridotta, più in generale, nella corteccia cerebrale e nei nuclei della base encefalica. Queste
evidenze assumono un maggior valore se rapportate a sudi genetici: nel gene del
recettore M1 un polimorfismo di un singolo nucleotide (C267A) nei pazienti
schizofrenici è associato ad un’evidente disfunzione
corticale prefrontale[1]. Coerentemente
con questi dati, che indicano in un deficit di segnalazione muscarinica un
aspetto fisiopatologico rilevante della schizofrenia, è stato proposto
l’impiego degli inibitori dell’acetilcolinesterasi (AChE)[2] per
ridurre i disturbi del pensiero e il numero degli episodi critici acuti.
Il ruolo dei recettori
muscarinici nella malattia di Alzheimer è stato oggetto di numerosi studi, avviati
sulla base di significativi dati di osservazione, non ultimo dei quali una
compromissione cognitiva, nella fase non avanzata, maggiore di quanto ci si
possa attendere in rapporto alla perdita di neuroni colinergici del
proencefalo. D’altra parte, come si è già accennato, è noto da decenni che la
somministrazione di antagonisti muscarinici può sortire lo stesso effetto di
danno cognitivo prodotto dalla lesione delle proiezioni colinergiche del
proencefalo basale. I primi studi hanno focalizzato l’attenzione su M1, il
sotto-tipo recettoriale più presente nelle strutture cerebrali mediatrici dei
processi cognitivi che implicano concettualizzazione astratta, quali la
corteccia cerebrale e l’ippocampo, e ne hanno esplorato il ruolo. Sappiamo che,
nel trattamento dei sintomi cognitivi della malattia di Alzheimer, si impiegano
farmaci inibitori della AChE, quali il donepezil che,
accrescendo la disponibilità sinaptica di ACh, accresce la probabilità di
attivazione post-sinaptica dei recettori M1. Il confronto nelle regioni di
interesse elettivo del cervello, fra pazienti affetti da malattia di Alzheimer
e persone sane, nel numero dei recettori M1, non ha fatto registrare
apprezzabili differenze. Ma una differenza notevole è stata rilevata nella
proporzione dei recettori M1 che esistono nello stato di conformazione ad alta affinità per l’agonista: tale
proporzione è significativamente più bassa nella malattia di Alzheimer. Si
ritiene che questo dato possa spiegare la discrepanza fra entità della perdita
di neuroni colinergici e gravità dei sintomi cognitivi, indicando una riduzione
di capacità della segnalazione muscarinica nel cervello alzheimeriano[3].
Infine, è indagata nella
malattia di Parkinson la componente muscarinica della “dominanza colinergica”
caratteristica della sua fisiopatologia. Il contrassegno neuropatologico
distintivo, come è noto, è costituito dalla perdita dei neuroni dopaminergici
della substantia nigra (SN) mesencefalica,
con la conseguente perdita dell’equilibrio fra la dopamina dei nuclei dello
striato e la neurotrasmissione colinergica richiesta per un coordinato
controllo motorio, e della locomozione in particolare. La dominanza colinergica
è tradizionalmente trattata con farmaci anticolinergici ad azione
antimuscarinica, quali la benztropina e il triesifenidile, ma sono necessari
ulteriori studi per definire con un maggiore dettaglio molecolare il ruolo dei
recettori muscarinici nella malattia di Parkinson. In particolare, un nostro
socio ha rilevato che, considerato il lungo tempo che impiega a stabilirsi la dominanza colinergica – la
sintomatologia clinica insorge quando si è già perso il 50% dei neuroni della
parte compatta della SN e il 70% della dopamina dello striato – lo studio
molecolare e cellulare (cambiamenti nell’espressione genica, nell’attività
sinaptica, ecc.) dei processi iniziali che portano al progressivo adattamento
compensativo, insieme con le recenti nozioni sui fattori responsabili della
morte dei neuroni dopaminergici, potrebbe suggerire nuove strategie
terapeutiche di supporto e di parziale prevenzione secondaria.
L’autore della nota ringrazia la dottoressa Isabella Floriani per la correzione della bozza e
invita alla lettura delle recensioni di argomento connesso che appaiono nella sezione “NOTE E
NOTIZIE” del sito (utilizzare il motore interno nella pagina “CERCA”).
La Società Nazionale di Neuroscienze BM&L-Italia, affiliata alla International Society of Neuroscience, è registrata presso l’Agenzia delle Entrate di Firenze, Ufficio Firenze 1, in data 16 gennaio 2003 con codice fiscale 94098840484, come organizzazione scientifica e culturale non-profit.
[1] Langmead C. J., et al. Muscarinic acetylcholine
receptors as CNS drug targets. Pharmacology
& Therapeutics 117, 232-243,
2008.
[2] L’AChE (EC 3.1.1.7) scinde per idrolisi l’ACh in colina e acetato, consentendo l’eliminazione dalle sinapsi. Nessuno dei trasmettitori non peptidici è rimosso in questo modo, essendo primariamente ricaptati grazie ad un trasportatore nei terminali sinaptici e gliali circostanti. La degradazione enzimatica dell’ACh si può essere evoluta per soddisfare la necessità di rimozione rapidissima (dopo pochi millisecondi) nella giunzione neuromuscolare per ottenere un’efficace regolazione temporale della contrazione del muscolo.
[3] Cfr.
Brady, Siegel, Albers, Price (eds), Basic
Neurochemistry, p. 277, Elsevier AP, 2012.